MADE IN NIRVANA
Capitolo 1
Shanti, Madam, shanti
VENT'ANNI DOPO - 22 giugno 1978
Quando il volo della Thai Airways atterrò a New Delhi alle tre di mattina Maria e Franca erano le prime sulla porta dell’aereo pronte a scendere, stanche ma emozionate. Anticipavano il saluto di commiato a mani giunte che avrebbero fatto alle hostess col sari di seta. L’avevano programmato durante il volo vedendole inchinarsi ogni due minuti, ma non appena aprirono la porta furono investite da una folata di aria umida e calda che tolse loro il respiro. Sorpresa dal caldo soffocante Maria si dimenticò del suo gesto grandioso, salutò la hostess con un cenno del capo e scese aggrappandosi al corrimano bollente della scaletta. Da dietro sentì Franca che diceva: “Io torno a casa col prossimo aereo!”
Rise, nonostante facesse fatica a respirare, e con il braccio si asciugò il sudore che già le colava dalla fronte. Socchiuse la bocca e cominciò a inalare succhiando l’aria tra i denti. Se gli indiani sopravvivevano voleva dire che, in teoria, c'era abbastanza ossigeno. Bastarono pochi passi, affondando sul morbido asfalto della pista che sembrava sul punto di sciogliersi, per rendersi conto che i problemi che si era portata dall’Italia erano molto più piccoli di quando era partita.
“Prova a respirare lentamente tra i denti,” disse girandosi verso Franca che camminava dietro di lei. Rise di nuovo, vedendo gli occhi sbarrati della sua compagna. “Vedrai, entra un po’ d’aria!”
Franca annuì senza parlare. Appena varcata la soglia dell’aeroporto, la temperatura cambiò di colpo con l’aria condizionata.
Maria si voltò: “Funziona il sistema di respirare tra i denti, vero?”
“Sì! La conoscevo già questa tecnica, ma non mi ero ricordata di usarla,” affermò l’amica con sicurezza.
Arrivate al nastro dei bagagli, Maria riconobbe un gruppo di ragazzi italiani che erano sull’aereo e che stavano aspettando le loro borse. Sembravano a loro agio, ridevano e scherzavano, il che le fece pensare che non era la prima volta che venivano in India. Sporgendosi verso Franca disse sottovoce: “Guarda quei quattro. Sembrano di casa! Non vale la pena accodarsi a loro per trovare un albergo da qualche parte?”
Franca storse la bocca, era un tipo indipendente ma, approfittando del breve momento di esitazione che le vide in viso, Maria si avvicinò a uno dei ragazzi e gli chiese se conoscevano un albergo, o una pensione, per la notte.
“Noi andiamo sempre nello stesso posto,” rispose lui, sorpreso dall’improvviso approccio.
“Possiamo venire anche noi?” chiese Maria. “È il nostro primo viaggio in India e non sappiamo dove andare.” Fece finta di non vedere la reazione di Franca, che guardava da un’altra parte fingendo di non conoscerla. “Magari troviamo anche noi una stanza lì.”
“Certo! Potete provare,” disse il ragazzo amichevolmente.
Una volta recuperati gli zaini seguirono i quattro italiani. Non appena usciti dalle porte girevoli il caldo soffocante li investì di nuovo. Si avvicinarono al gruppo dei taxi dove le robuste automobili nere col tetto giallo erano ordinatamente parcheggiate, i ragazzi davanti, Maria dietro a loro e Franca che si teneva leggermente più lontana. Li osservò con interesse mentre contrattavano vivacemente sulla tariffa in un inglese scolastico arricchito da una forte cadenza italiana. Il tassista di turno si difendeva bene spiegando che la benzina era aumentata e che aveva una famiglia da mantenere. L’accento indiano risultò buffo e allo stesso tempo facile da capire. Dopo una lunga discussione arrivarono ad un accordo sul prezzo, i quattro ragazzi misero le borse nel bagagliaio e salirono sul taxi.
“E noi?” chiese Maria. “Dove ci mettiamo? Sul tetto?”
Il tassista le prese lo zaino dalle mani, lo lanciò sul portapacchi e poi fece lo stesso con quello di Franca. Preoccupatissima di quella sistemazione precaria, Maria gli spiegò col suo inglese arrugginito che doveva legarlo, altrimenti poteva cadere. Visto che lui non le dava retta, a parte un movimento con la mano per dirle di stare calma, si sentì obbligata a insistere seguendolo da vicino mentre si avviava verso il posto di guida. Quando lo prese per un braccio, l’uomo finalmente si fermò e la guardò. Sorridendole disse: “Shanti Madam, shanti!” facendole segno con la mano di accomodarsi in macchina.
Maria gettò un’occhiata apprensiva a Franca la quale, dal lato opposto del taxi, alzò le spalle:
“Ma sì, andrà tutto bene! Shanti Maria, shanti!” la prese in giro, imitando l’accento dell’autista.
Rassegnata, guardò i tre ragazzi seduti dietro: “E io dove mi metto?”
“Qui!” disse il più vicino, battendosi la mano sulle gambe. Franca si era già seduta davanti tra l'autista e un italiano, così che erano in tre, belli stretti.
“E va bene. Shanti allora,” disse, cercando di sistemarsi sulle ginocchia del ragazzo. "Però adesso qualcuno mi spiega cosa vuol dire questa parola.”
“Pace.”
“Calmati!”
“Tranquilla!”
E così aveva imparato la prima parola di hindi! Sta’ calma Maria!...................................
Rise, nonostante facesse fatica a respirare, e con il braccio si asciugò il sudore che già le colava dalla fronte. Socchiuse la bocca e cominciò a inalare succhiando l’aria tra i denti. Se gli indiani sopravvivevano voleva dire che, in teoria, c'era abbastanza ossigeno. Bastarono pochi passi, affondando sul morbido asfalto della pista che sembrava sul punto di sciogliersi, per rendersi conto che i problemi che si era portata dall’Italia erano molto più piccoli di quando era partita.
“Prova a respirare lentamente tra i denti,” disse girandosi verso Franca che camminava dietro di lei. Rise di nuovo, vedendo gli occhi sbarrati della sua compagna. “Vedrai, entra un po’ d’aria!”
Franca annuì senza parlare. Appena varcata la soglia dell’aeroporto, la temperatura cambiò di colpo con l’aria condizionata.
Maria si voltò: “Funziona il sistema di respirare tra i denti, vero?”
“Sì! La conoscevo già questa tecnica, ma non mi ero ricordata di usarla,” affermò l’amica con sicurezza.
Arrivate al nastro dei bagagli, Maria riconobbe un gruppo di ragazzi italiani che erano sull’aereo e che stavano aspettando le loro borse. Sembravano a loro agio, ridevano e scherzavano, il che le fece pensare che non era la prima volta che venivano in India. Sporgendosi verso Franca disse sottovoce: “Guarda quei quattro. Sembrano di casa! Non vale la pena accodarsi a loro per trovare un albergo da qualche parte?”
Franca storse la bocca, era un tipo indipendente ma, approfittando del breve momento di esitazione che le vide in viso, Maria si avvicinò a uno dei ragazzi e gli chiese se conoscevano un albergo, o una pensione, per la notte.
“Noi andiamo sempre nello stesso posto,” rispose lui, sorpreso dall’improvviso approccio.
“Possiamo venire anche noi?” chiese Maria. “È il nostro primo viaggio in India e non sappiamo dove andare.” Fece finta di non vedere la reazione di Franca, che guardava da un’altra parte fingendo di non conoscerla. “Magari troviamo anche noi una stanza lì.”
“Certo! Potete provare,” disse il ragazzo amichevolmente.
Una volta recuperati gli zaini seguirono i quattro italiani. Non appena usciti dalle porte girevoli il caldo soffocante li investì di nuovo. Si avvicinarono al gruppo dei taxi dove le robuste automobili nere col tetto giallo erano ordinatamente parcheggiate, i ragazzi davanti, Maria dietro a loro e Franca che si teneva leggermente più lontana. Li osservò con interesse mentre contrattavano vivacemente sulla tariffa in un inglese scolastico arricchito da una forte cadenza italiana. Il tassista di turno si difendeva bene spiegando che la benzina era aumentata e che aveva una famiglia da mantenere. L’accento indiano risultò buffo e allo stesso tempo facile da capire. Dopo una lunga discussione arrivarono ad un accordo sul prezzo, i quattro ragazzi misero le borse nel bagagliaio e salirono sul taxi.
“E noi?” chiese Maria. “Dove ci mettiamo? Sul tetto?”
Il tassista le prese lo zaino dalle mani, lo lanciò sul portapacchi e poi fece lo stesso con quello di Franca. Preoccupatissima di quella sistemazione precaria, Maria gli spiegò col suo inglese arrugginito che doveva legarlo, altrimenti poteva cadere. Visto che lui non le dava retta, a parte un movimento con la mano per dirle di stare calma, si sentì obbligata a insistere seguendolo da vicino mentre si avviava verso il posto di guida. Quando lo prese per un braccio, l’uomo finalmente si fermò e la guardò. Sorridendole disse: “Shanti Madam, shanti!” facendole segno con la mano di accomodarsi in macchina.
Maria gettò un’occhiata apprensiva a Franca la quale, dal lato opposto del taxi, alzò le spalle:
“Ma sì, andrà tutto bene! Shanti Maria, shanti!” la prese in giro, imitando l’accento dell’autista.
Rassegnata, guardò i tre ragazzi seduti dietro: “E io dove mi metto?”
“Qui!” disse il più vicino, battendosi la mano sulle gambe. Franca si era già seduta davanti tra l'autista e un italiano, così che erano in tre, belli stretti.
“E va bene. Shanti allora,” disse, cercando di sistemarsi sulle ginocchia del ragazzo. "Però adesso qualcuno mi spiega cosa vuol dire questa parola.”
“Pace.”
“Calmati!”
“Tranquilla!”
E così aveva imparato la prima parola di hindi! Sta’ calma Maria!...................................
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