Emanuela Cooper
Emanuela Cooper (née Taboga) è nata a Treviso il 18 novembre del 1953. Ha studiato lingue straniere a Venezia e Scienze Politiche a Padova. In seguito a una 'crisi esistenziale', nel 1978 è andata in India per la prima volta, dove ha cominciato a riscoprirsi ed ha conosciuto Richard, la sua anima gemella.
Nei successivi sei anni hanno viaggiato in India, in Nepal e a Sri Lanka, vivendo per periodi più lunghi nelle montagne dell'Himachal Pradesh e a Goa.
Nel 1983 si sono stabiliti a Nottingham, in Inghilterra, dove hanno vissuto fino al 2006. Ora risiedono ad Ibiza, con frequenti puntate a Londra, specialmente da quando sono diventati nonni.
Dal 1991 Emanuela pratica il Buddismo e dal 1996 fa parte della Soka Gakkai International (SGI) un movimento laico buddista per la realizzazione della pace nel mondo attraverso la cultura e l'educazione.
Nei successivi sei anni hanno viaggiato in India, in Nepal e a Sri Lanka, vivendo per periodi più lunghi nelle montagne dell'Himachal Pradesh e a Goa.
Nel 1983 si sono stabiliti a Nottingham, in Inghilterra, dove hanno vissuto fino al 2006. Ora risiedono ad Ibiza, con frequenti puntate a Londra, specialmente da quando sono diventati nonni.
Dal 1991 Emanuela pratica il Buddismo e dal 1996 fa parte della Soka Gakkai International (SGI) un movimento laico buddista per la realizzazione della pace nel mondo attraverso la cultura e l'educazione.
Cosa mi ha motivato a scrivere Made in Nirvana
Quando avevo sui vent'anni scrivevo di tanto in tanto, racconti, poesie, come facciamo tutti credo. Poi ho cominciato a viaggiare e scrivevo lunghe lettere a casa, ma non ero mai andata oltre.
Iniziai a praticare il Buddismo quando avevo 38 anni; recitavo daimoku (Nam-myoho-renghe-kyo) ogni giorno e mi piaceva moltissimo.
Dopo un anno di pratica cominciai a sentire un forte senso di insoddisfazione. Avevo un buon matrimonio, una figlia bellissima, tantissimo lavoro, una bella casa, ma mi sentivo insoddisfatta. Attraverso il daimoku mi resi conto che il successo lavorativo si era impossessato, poco a poco, di tutto il mio tempo libero; non mi restavano neanche ritagli di tempo per la mia creatività e questo mi mancava molto.
Iniziai ad ascoltare il mio cuore e questo mi diceva di scrivere. Scrivere cosa? Non sono una scrittrice, obiettava la mia testa. Ma lui non si metteva tranquillo e ogni volta che mi sedevo a recitare continuava ad insistere: "Scrivi! Scrivi! Scrivi!"
Così cominciai, molto timidamente. Le prime cose che venivano fuori erano sulla fine di un rapporto difficile e il mio primo viaggio in India quando avevo ventiquattro anni.
Più scrivevo e più parlavo dell'India. Avendo pochissimo tempo libero, dovetti scegliere tra l'andare a fare una passeggiata una volta alla settimana o scrivere. Vinse lo scrivere e così, ogni sabato pomeriggio, mi mettevo all'opera.
Vivendo in Inghilterra parlavo sempre in inglese ed era diventata la mia seconda lingua. Decisi allora di scrivere in inglese, però questo era molto più difficile di quanto mi aspettavo. Nonostante ciò, il processo creativo mi faceva sentire incredibilmente felice; alla fine di ogni sabato avevo dalle due alle cinque pagine che prima non esistevano. A volte ne ero molto soddisfatta, altre volte no. Se non erano un granchè, quella sera mi sedevo a fare la mia recitazione buddista, piena di dubbi sulle mie capacità, ma il mio cuore mi gridava sempre la stessa cosa: Scrivi! Grazie a questa insistenza, continuai, settimana dopo settimana. Poco a poco la storia progrediva e dopo cinque anni avevo un romanzo.
Le poche persone che lo lessero erano tutte d'accordo sul fatto che le descrizioni dell'India e della sua gente erano bellissime, talmente vivide da sembrare di essere lì. Purtroppo, a me non piacevano più i personaggi principali, la trama era debole, al mio romanzo mancavano un sacco di cose ed io ne ero stanca. Il libro di trecento pagine finì in un cassetto e vi rimase per quindici anni. Pensavo spesso a come renderlo più interessante, ma non mi venne mai il desiderio di tirarlo fuori.
Nell'aprile del 2012 ero a Londra e andai a una riunione buddista di donne, dove ci suggerirono di formulare una determinazione per ciò che volevamo raggiungere da lì a vent'anni. Durante quei dieci minuti di recitazione mi immaginai come un'anziana di quasi ottant'anni che guardava al suo passato e questa donna anziana pensò: "Shit! Perché non ho fatto niente con il mio libro?"
Decisi in quel momento di riprenderlo in mano e di scrivere per contribuire a creare un mondo di pace basato sul rispetto per la dignità della vita, aiutando la propagazione di questa meravigliosa filosofia che pratico. Nello sfondo dell’India e della sua gente avrei intessuto i concetti fondamentali del Buddismo e avrei trasformato una storia d’amore, di amicizia, di droghe ed inganno in un romanzo emozionante.
Da quel momento avevo un motivo per scrivere un libro, un obiettivo più grande di me stessa, qualcosa che potesse aiutare le persone a diventare felici, o più felici. Decisione presa! Però, pensai, potevo prendermela comoda, dopotutto avevo vent'anni di tempo per farlo!
Poco dopo, un'amica mi prestò un libro sul rapporto tra la scrittrice e il suo lavoro, che lessi con grande interesse. Appena finito, iniziai a fare un esercizio di scrittura raccomandato dal libro: dieci minuti di scrittura a ruota libera.
Questa volta scrissi in italiano e trovai che era molto più facile che scrivere in inglese. Due giorni dopo stavo scrivendo sui Dieci mondi, Trasformare il veleno in medicina, la Torre del tesoro, il Karma... non potevo più fermarmi. Poi aggiunsi le parti nuove, che stavano pazientemente aspettando nel mio subconscio e che rendevano la trama emozionante e divertente. Arrivò infine il momento temuto di leggere quello che avevo scritto dai venti ai quindici anni prima. Era molto migliore di quanto mi ricordassi. Ritrovai i miei ricordi e le mie esperienze, vividi come quando li avevo vissuti, e usai tutto il materiale sull'India. Scrivevo ogni giorno. A volte mi sembrava di essere uno strumento attraverso il quale la storia fluiva, tanto era emozionante essere testimone di questo flusso appassionato che sgorgava dal mio cuore, dalla testa, attraverso le due dita che battevano sulla tastiera. Non vedevo l’ora di alzarmi la mattina per ricominciare a scrivere. Con un tale entusiasmo la scadenza dei vent'anni diventò sempre più breve e nel giro di poco piu’ di un anno avevo la prima stesura del romanzo.
Lavorai sul libro durante tutta la malattia di mia madre, mentre passavo i giorni con lei in ospedale, il giorno prima che morisse, il giorno dopo la sua morte. Il libro era mio amico, mi calmava, mi rilassava, mi faceva ridere e mi dava una grande gioia.
Nel dicembre del 2013 pubblicai la prima versione in italiano come ebook. Il giorno dopo cominciai la traduzione all'inglese. Per oltre un anno lavorai con mia figlia, che pratica il buddismo Nichiren da oltre otto anni e la cui prima lingua è l'inglese. Fu un bellissimo periodo e Robyn si rivelò un’acuta ‘editor’, oltre a darmi molti consigli sulla filosofia buddista.
Il 6 gennaio 2015 venne pubblicata la versione inglese con Amazon, in formato cartaceo e in versione Kindle, disponibile in tutto il mondo.
Il 7 gennaio cominciò la revisione della versione italiana e, dopo sette mesi di lavoro creativo, aiutata da amici e conoscenti, la seconda edizione fu finalmente pubblicata il 6 agosto 2015, ancora una volta con Amazon, come cartaceo e versione per Kindle. Era l'anniversario della bomba atomica su Hiroshima e volevo creare una causa positiva in giorno tanto triste.
Mentre all’inizio pensavo che questo sarebbe stato l’unico libro che avrei scritto, adesso mi sono resa conto che voglio continuare a scrivere allo scopo di diffondere la filosofia umanistica del Sutra del Loto: profondo rispetto per tutta la vita e per la nostra unicità come esseri umani. Ho verificato che, mettendo in pratica questi valori, possiamo diventare felici, o più felici. Il nuovo romanzo si sta già formando e nel 2016 comincerà a materializzarsi.
Ho capito che, quando il mio progetto è per una causa più grande di me stessa, non scrivo semplicemente per il desiderio di creare un’opera artisticamente bella, ma per dare qualcosa di utile e di importante. Il mio lavoro sgorga da una parte diversa del mio cuore e con questa consapevolezza sorge una quantità enorme di energia, determinazione ed entusiasmo. Sento un senso di missione, oltre ad un’enorme gioia e soddisfazione personale. Ho deciso che i prossimi dieci anni saranno i più creativi e i più produttivi della mia vita e devo dire che mi piace moltissimo la mia missione!
Un ultimo particolare interessante: Nell'ottobre del 2012, mentre stavo cercando una carta ufficiale tra alcuni vecchi documenti, saltò fuori il mio primo passaporto inglese. A quel tempo ti chiedevano di dichiarare la professione. Avevo venticinque anni e adoravo scrivere, la mia vita era cambiata radicalmente e passavo vari mesi dell'anno in India con mio marito, che è inglese. Mi ricordo di aver detto a mia cognata: "Non so cosa mettere come professione." Lei mi chiese: "Cosa vuoi fare?" Risposi: "Voglio scrivere." "E allora metti scrittrice," disse lei. E così feci.
Avevo dimenticato che, trentasei anni fa, scrivere era il mio sogno. Adesso posso dire con sicurezza che è grazie alla mia pratica buddista che mi fa rivelare il mio potenziale se il mio sogno è diventato realtà, e che scrivo per il Buddismo e per la pace nel mondo."
Quando avevo sui vent'anni scrivevo di tanto in tanto, racconti, poesie, come facciamo tutti credo. Poi ho cominciato a viaggiare e scrivevo lunghe lettere a casa, ma non ero mai andata oltre.
Iniziai a praticare il Buddismo quando avevo 38 anni; recitavo daimoku (Nam-myoho-renghe-kyo) ogni giorno e mi piaceva moltissimo.
Dopo un anno di pratica cominciai a sentire un forte senso di insoddisfazione. Avevo un buon matrimonio, una figlia bellissima, tantissimo lavoro, una bella casa, ma mi sentivo insoddisfatta. Attraverso il daimoku mi resi conto che il successo lavorativo si era impossessato, poco a poco, di tutto il mio tempo libero; non mi restavano neanche ritagli di tempo per la mia creatività e questo mi mancava molto.
Iniziai ad ascoltare il mio cuore e questo mi diceva di scrivere. Scrivere cosa? Non sono una scrittrice, obiettava la mia testa. Ma lui non si metteva tranquillo e ogni volta che mi sedevo a recitare continuava ad insistere: "Scrivi! Scrivi! Scrivi!"
Così cominciai, molto timidamente. Le prime cose che venivano fuori erano sulla fine di un rapporto difficile e il mio primo viaggio in India quando avevo ventiquattro anni.
Più scrivevo e più parlavo dell'India. Avendo pochissimo tempo libero, dovetti scegliere tra l'andare a fare una passeggiata una volta alla settimana o scrivere. Vinse lo scrivere e così, ogni sabato pomeriggio, mi mettevo all'opera.
Vivendo in Inghilterra parlavo sempre in inglese ed era diventata la mia seconda lingua. Decisi allora di scrivere in inglese, però questo era molto più difficile di quanto mi aspettavo. Nonostante ciò, il processo creativo mi faceva sentire incredibilmente felice; alla fine di ogni sabato avevo dalle due alle cinque pagine che prima non esistevano. A volte ne ero molto soddisfatta, altre volte no. Se non erano un granchè, quella sera mi sedevo a fare la mia recitazione buddista, piena di dubbi sulle mie capacità, ma il mio cuore mi gridava sempre la stessa cosa: Scrivi! Grazie a questa insistenza, continuai, settimana dopo settimana. Poco a poco la storia progrediva e dopo cinque anni avevo un romanzo.
Le poche persone che lo lessero erano tutte d'accordo sul fatto che le descrizioni dell'India e della sua gente erano bellissime, talmente vivide da sembrare di essere lì. Purtroppo, a me non piacevano più i personaggi principali, la trama era debole, al mio romanzo mancavano un sacco di cose ed io ne ero stanca. Il libro di trecento pagine finì in un cassetto e vi rimase per quindici anni. Pensavo spesso a come renderlo più interessante, ma non mi venne mai il desiderio di tirarlo fuori.
Nell'aprile del 2012 ero a Londra e andai a una riunione buddista di donne, dove ci suggerirono di formulare una determinazione per ciò che volevamo raggiungere da lì a vent'anni. Durante quei dieci minuti di recitazione mi immaginai come un'anziana di quasi ottant'anni che guardava al suo passato e questa donna anziana pensò: "Shit! Perché non ho fatto niente con il mio libro?"
Decisi in quel momento di riprenderlo in mano e di scrivere per contribuire a creare un mondo di pace basato sul rispetto per la dignità della vita, aiutando la propagazione di questa meravigliosa filosofia che pratico. Nello sfondo dell’India e della sua gente avrei intessuto i concetti fondamentali del Buddismo e avrei trasformato una storia d’amore, di amicizia, di droghe ed inganno in un romanzo emozionante.
Da quel momento avevo un motivo per scrivere un libro, un obiettivo più grande di me stessa, qualcosa che potesse aiutare le persone a diventare felici, o più felici. Decisione presa! Però, pensai, potevo prendermela comoda, dopotutto avevo vent'anni di tempo per farlo!
Poco dopo, un'amica mi prestò un libro sul rapporto tra la scrittrice e il suo lavoro, che lessi con grande interesse. Appena finito, iniziai a fare un esercizio di scrittura raccomandato dal libro: dieci minuti di scrittura a ruota libera.
Questa volta scrissi in italiano e trovai che era molto più facile che scrivere in inglese. Due giorni dopo stavo scrivendo sui Dieci mondi, Trasformare il veleno in medicina, la Torre del tesoro, il Karma... non potevo più fermarmi. Poi aggiunsi le parti nuove, che stavano pazientemente aspettando nel mio subconscio e che rendevano la trama emozionante e divertente. Arrivò infine il momento temuto di leggere quello che avevo scritto dai venti ai quindici anni prima. Era molto migliore di quanto mi ricordassi. Ritrovai i miei ricordi e le mie esperienze, vividi come quando li avevo vissuti, e usai tutto il materiale sull'India. Scrivevo ogni giorno. A volte mi sembrava di essere uno strumento attraverso il quale la storia fluiva, tanto era emozionante essere testimone di questo flusso appassionato che sgorgava dal mio cuore, dalla testa, attraverso le due dita che battevano sulla tastiera. Non vedevo l’ora di alzarmi la mattina per ricominciare a scrivere. Con un tale entusiasmo la scadenza dei vent'anni diventò sempre più breve e nel giro di poco piu’ di un anno avevo la prima stesura del romanzo.
Lavorai sul libro durante tutta la malattia di mia madre, mentre passavo i giorni con lei in ospedale, il giorno prima che morisse, il giorno dopo la sua morte. Il libro era mio amico, mi calmava, mi rilassava, mi faceva ridere e mi dava una grande gioia.
Nel dicembre del 2013 pubblicai la prima versione in italiano come ebook. Il giorno dopo cominciai la traduzione all'inglese. Per oltre un anno lavorai con mia figlia, che pratica il buddismo Nichiren da oltre otto anni e la cui prima lingua è l'inglese. Fu un bellissimo periodo e Robyn si rivelò un’acuta ‘editor’, oltre a darmi molti consigli sulla filosofia buddista.
Il 6 gennaio 2015 venne pubblicata la versione inglese con Amazon, in formato cartaceo e in versione Kindle, disponibile in tutto il mondo.
Il 7 gennaio cominciò la revisione della versione italiana e, dopo sette mesi di lavoro creativo, aiutata da amici e conoscenti, la seconda edizione fu finalmente pubblicata il 6 agosto 2015, ancora una volta con Amazon, come cartaceo e versione per Kindle. Era l'anniversario della bomba atomica su Hiroshima e volevo creare una causa positiva in giorno tanto triste.
Mentre all’inizio pensavo che questo sarebbe stato l’unico libro che avrei scritto, adesso mi sono resa conto che voglio continuare a scrivere allo scopo di diffondere la filosofia umanistica del Sutra del Loto: profondo rispetto per tutta la vita e per la nostra unicità come esseri umani. Ho verificato che, mettendo in pratica questi valori, possiamo diventare felici, o più felici. Il nuovo romanzo si sta già formando e nel 2016 comincerà a materializzarsi.
Ho capito che, quando il mio progetto è per una causa più grande di me stessa, non scrivo semplicemente per il desiderio di creare un’opera artisticamente bella, ma per dare qualcosa di utile e di importante. Il mio lavoro sgorga da una parte diversa del mio cuore e con questa consapevolezza sorge una quantità enorme di energia, determinazione ed entusiasmo. Sento un senso di missione, oltre ad un’enorme gioia e soddisfazione personale. Ho deciso che i prossimi dieci anni saranno i più creativi e i più produttivi della mia vita e devo dire che mi piace moltissimo la mia missione!
Un ultimo particolare interessante: Nell'ottobre del 2012, mentre stavo cercando una carta ufficiale tra alcuni vecchi documenti, saltò fuori il mio primo passaporto inglese. A quel tempo ti chiedevano di dichiarare la professione. Avevo venticinque anni e adoravo scrivere, la mia vita era cambiata radicalmente e passavo vari mesi dell'anno in India con mio marito, che è inglese. Mi ricordo di aver detto a mia cognata: "Non so cosa mettere come professione." Lei mi chiese: "Cosa vuoi fare?" Risposi: "Voglio scrivere." "E allora metti scrittrice," disse lei. E così feci.
Avevo dimenticato che, trentasei anni fa, scrivere era il mio sogno. Adesso posso dire con sicurezza che è grazie alla mia pratica buddista che mi fa rivelare il mio potenziale se il mio sogno è diventato realtà, e che scrivo per il Buddismo e per la pace nel mondo."
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